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Biografia di Rolando Pucci
Viareggino anomalo, una mosca bianca, Rolando
Pucci. Intanto - e ditemi voi se non è raro su questa costa - amava
follemente lavorare. Amava il suo lavoro di barman. Stava in piedi a
nottate intere, poche ore di sonno e già era lì che fremeva per tornare
al suo posto di comando, dietro il banco, tra bottiglie mai in ordine
casuale il secchiello del ghiaccio sempre pieno. Il giorno di chiusura
del locale, era un piccolo dramma: bisogna per forza portarlo a prendere
l’aperitivo. Pagava sempre lui. E poi, udite udite, amava anche i
clienti. Macchè clienti, gli amici: anche se lui, vecchia scuola, non
osava mai il tu per primo. Il tu però è nelle cose quando ci siede al
bancone di un bar, quando l’ambiente è giusto, quando sorseggi un
cocktail fatto come si deve. «Un rabbocchino, Rolando per favore». Il
rabbocchino l’aveva inventato lui: non doveva essere un bis o un tris ma
un dito di liquido, giusto per mandar giù l’ultimo pezzo di tartina. In
verità, non era mai un dito e nemmeno l’ultimo: il bello era proprio
questo. Di cantori, anzi di protagonisti, della Versilia anni ruggenti,
quella mitizzata dall’amico Aldo Valleroni, ahinoi ce ne sono rimasti
ben pochi a giro. Rolando Pucci era uno di questi. Lui c’era ad
ascoltare, a far da spalla, a confessare (inevitabile al bar) tanti
personaggi famosi, artisti e imprenditori, che negli anni ’60 animavano
le notti della Versilia e la sua spiaggia. Ed è stato testimone oculare
di nascite di amori e di furibonde separazioni, di liti e di
riappacificazioni, di sbruffonate e di gesti signorili, e persino di
affari. Magari di calcio. Quando sulla veranda del Lidino, il bagno dove
Repaci aveva inventato il Premio Viareggio, scendeva il commendator
Angelo Moratti (praticamente cento metri dalla sua villa) c’era un via
vai di procuratori. «Un gran signore Moratti. E sulla nostra spiaggia ha
fatto acquisti importanti per la sua Inter», ricordava Rolando. Il
Lidino dei Barsanti è stata una tappa importante per Rolando, arrivata
dopo la grande esperienza al vicino Principe di Piemonte dove al bar
regnava Renzo Sacchetti. Quasi quanto l’avventura del Santa Monica, il
galeone ormeggiato alla Madonnina, trasformato da Rolando in ristorante
american bar. Nave poi andata distrutta in un incendio. I locali toccati
da Rolando? Urgono le Pagine Gialle. Dal Casablanca, al Fanatiko, mitici
gli anni al New York. E poi direttore alla Canniccia dei Galeotti,
dietro il banco al Bar Fulvio, al bagno Alhoa... Mi viene in mente anche
il Siroco al Bagno Genova, ma la memoria, lo confesso, in questo momento
di dolore è poco lucida. Tanti locali, un uomo solo al comando, Rolando
Pucci. Amava i clienti come non mai, li coccolava e questi ricambiavano.
Non si diceva mai “vado a prendere l’aperitivo al...”; si diceva,
invece, “ci si vede da Rolando”. E se Rolando cambiava aria anche la
truppa cambiava locale. Troppo forte il legame con l’uomo, con l’amico,
con il confessore della notte. L’uomo dalla memoria fotografica: si
ricordava di tutti, anche a distanza di anni, e di tutti ricordava
abitudini, vezzi e vizi. Con Rolando, James Bond sarebbe andato a nozze.
Entri nel locale e nel tempo che arrivi al banco c’è già il bicchiere
pronto, quello giusto. Un professionista come pochi, talvolta primadonna
proprio per questo e non facile ai compromessi. L’ultima sua avventura
è in famiglia. Sì, tutti uniti al bagno Florida davanti al Royal: la
moglie Mirella (che cuoca) ai fornelli, in sala i figli Ansia e Andrea.
Rolando ovviamente al bar e a far da anfitrione. Col sorriso di sempre.
Quello che (insieme al sapore dei suoi immortali Martini) non scorderemo
mai.
Articolo tratto
da il Tirreno del 23 marzo 2010 - by Aronne
Angelici
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